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19 Nov 2018

PERCHÉ IL GLOBAL COMPACT SULLE MIGRAZIONI CONVIENE ALL’ITALIA

Il Global Compact, Patto globale sulle migrazioni conviene all’Italia. Esso serve in particolare: 1. come riferimento per una definizione complessiva, coerente e lungimirante della propria politica migratoria, superando l’approccio emergenziale e settoriale; 2. come strumento per rafforzare le proprie ragioni nelle relazioni e negoziazioni con gli altri paesi europei; 3. come tramite per facilitare le trattative nella definizione di accordi con i paesi di provenienza e di transito che occorre moltiplicare nel prossimo futuro.

 (Documento diffuso da “Link 2007 – Cooperazione in Rete”).

Nel vertice del 19 settembre 2016 l’Assemblea Generale dell’ONU ha adottato all’unanimità la Dichiarazione di New York sui migranti e rifugiati. I leader dei 193 Stati membri hanno riconosciuto la necessità di un approccio globale alla mobilità umana, esprimendo la volontà di garantire la salvezza delle vite, la protezione delle persone, la salvaguardia dei diritti umani, la condivisione delle responsabilità e degli oneri, il potenziamento della governance dei flussi migratori. A tal fine è stato programmato un ampio percorso di consultazione con le più rilevanti istituzioni pubbliche e private coinvolte, seguìto da negoziati intergovernativi che hanno prodotto la bozza finale delGlobal Compact per una migrazione sicura, ordinata e regolare”. In parallelo, con analogo percorso, è stato elaborato il “Global Compact sui rifugiati”. Entrambi i patti saranno adottati dalla comunità internazionale entro il 2018.

1. Le politiche governative a singhiozzo

Succedendosi con una certa rapidità, i governi italiani di quest’ultimo decennio hanno affrontato il tema dell’immigrazione a singhiozzo, in modo discontinuo, limitandosi ad interventi urgenti rispondenti a problematiche particolari, senza mai rispondere alla pur pressante esigenza di una politica complessiva e lungimirante per il governo dei flussi migratori.

L’attuale Esecutivo ha messo l’immigrazione tra i principali punti del contratto di maggioranza e si sta muovendo sia a livello interno che a livello europeo e bilateralmente con alcuni paesi terzi. Pur non condividendo l’insieme delle scelte finora adottate sentiamo l’esigenza di riflettere, com’è nel nostro costume, in un’apertura di dialogo con chi oggi ha in mano la conduzione del nostro paese. Senza entrare nel merito dei provvedimenti emanati, essi rischiano ancora una volta di perpetuare la tendenza a non affrontare il vero tema: il governo complessivo di tale fenomeno.

Data la sua complessità e l’ampiezza planetaria non si può più procedere cambiando direzione ad ogni avvicendamento di Governo. Si tratta di un tema vitale per le nostre società presenti e future. Come avviene per le più rilevanti questioni di politica estera, esso dovrebbe imporre a tutti di trovare una base comune, che garantisca le legittime differenti convinzioni, sensibilità, priorità e scelte, mantenendole però lungo un comune filo conduttore per il bene dell’Italia indipendentemente dalle alternanze politiche. Si tratta inoltre di una materia che, più che di decisioni estemporanee, necessita di analisi, valutazioni, visioni, strategie e, come giustamente ripetuto dall’Italia, del concorso di tutti gli stati europei ma anche della comunità internazionale espressa particolarmente dalle istituzioni delle Nazioni Unite e quelle regionali continentali.

2. Urge un denominatore politico comune

Senza un quadro di riferimento comune, in ambito europeo e globale, sarà impossibile governare la mobilità umana nelle sue molteplici forme. È una responsabilità che nessun Governo può sottovalutare, in particolare nel continente europeo, già in forte declino demografico di fronte ad una crescita di popolazioni giovani in aree a noi molto vicine. Isolarsi significherà rimanere isolati. Sfidare gli altri Stati significa provocare altrettante reazioni. Abiurare a principi condivisi significa non poterli far valere a nostro vantaggio nei contenziosi internazionali. Si impone quindi un quadro di riferimento universale, entro il quale le diverse opzioni politiche possano ritrovarsi nell’adesione ad alcuni principi comuni, che sono sostanzialmente quelli definiti nella Dichiarazione universale dei diritti umani di cui si celebra il 70° anniversario il 10 dicembre prossimo e, per quanto ci riguarda, quelli sanciti dalla nostra Costituzione.

Un paese importante nello scenario mondiale come il nostro non può permettersi chiusure ma deve favorire, nel proprio interesse, e senza ignorare quelli altrui, alcuni comuni denominatori politici sulla cui base esercitare la propria influenza. Come possono essere stipulati accordi bilaterali con i paesi di provenienza o transito dei migranti, richiesti giustamente dall’Italia, se ci si presenta mettendo in dubbio principi che per quegli Stati sono inalienabili? Su temi complessi e globali, la sovranità dello Stato si esercita più responsabilmente all’interno di intese internazionali che, proprio perché tali, possono meglio facilitare risposte credibili e sostenibili. Gli stessi accordi di collaborazione bilaterale acquistano maggiore valore e consistenza se supportati da tali intese.

   Anche a livello interno un denominatore comune nelle politiche migratorie è divenuto indispensabile. Ne va della capacità del nostro paese di far fronte seriamente, con continuità e con intelligente lungimiranza al fenomeno che più potrebbe destabilizzarlo negli anni a venire. Benché in questa fase la contrapposizione sembri aver preso il sopravvento, spegnendo ogni possibilità di dialogo e confronto, rimane pur sempre nei membri del Governo, come nelle forze di maggioranza e di opposizione, il senso delle proprie responsabilità istituzionali: su di esse occorre fare leva. Su un tema come questo dell’immigrazione la sola contrapposizione non porta lontano. E dovremmo esserne tutti preoccupati, a partire da chi esercita le massime responsabilità.

3. Il Global Compact: comune denominatore delle politiche migratorie

Di fronte alla crescente mobilità umana la politica sembra tendere alla chiusura, nell’illusoria convinzione della conseguente salvaguardia dei propri valori, della propria cultura, dei propri privilegi. Da un lato erigendo muri e barriere di filo spinato contro presunti invasori oppure mettendo in atto misure discriminatorie e divisive atte a scartare tipologie indesiderate di esseri umani; dall’altro cercando di stabilire accordi bilaterali con paesi che dovrebbero (perché mai?) mostrarsi compiacenti, disponibili a tradire i propri valori etici, umani, comunitari, perfino i propri interessi per favorire le politiche del “prima noi” – italiani, ungheresi, austriaci, cechi e tutti gli altri abitanti nati nella parte fortunata del pianeta – che sottendono la chiusura all’altro, il fastidio per lo straniero e il diverso, talvolta anche il disprezzo dell’essere umano bisognoso di aiuto.

   Se i movimenti migratori non possono essere eliminati, possono però essere governati e regolati. È nell’interesse di tutti farlo ed è compito dei governi provvedervi in modo coordinato, con un’impostazione che abbia elementi comuni perché riguarda tutti e richiede il contributo coerente di tutti. Non si possono definire, allo stato attuale del multilateralismo e di certo malinteso sovranismo, nuove disposizioni vincolanti, che andrebbero piuttosto elaborate a livello continentale e regionale sulla base delle realtà esistenti. È però possibile dotarsi di un approccio minimo comune, coerente, che riprenda i principi fondamentali e le convenzioni che la comunità internazionale ha adottato, che rappresentano le fondamenta e la base giuridica della comune convivenza.

   Il Global Compact per una migrazione sicura, ordinata e regolare (tre aggettivi che esprimono ciò che l’Esecutivo italiano sta cercando di perseguire) riprende tali principi e norme basilari, riproponendoli in modo corrispondente alla realtà migratoria odierna in 10 principi guida e 23 obiettivi per un governo sostenibile dei movimenti migratori che, ricordiamolo, riguardano 258 milioni di persone, il 3,4% della popolazione mondiale. Il relativo piano di azione suggerisce alcuni strumenti che gli Stati possono utilizzare nella loro sovranità ed autonomia, secondo le proprie opzioni politiche, priorità, valutazioni e possibilità. Non si tratta di un patto vincolante ma la sua adozione il prossimo 10 dicembre a Marrakech in Marocco (felice è la coincidenza con i 70 anni della Dichiarazione universale dei diritti umani) può mettere davvero le basi per potere arrivare ad un governo ordinato, regolare, sicuro della migrazione, togliendola dalle mani di trafficanti e criminali, mettendo fine a movimenti illegali, dotandosi di regole chiare, precise e giuste, assicurando sicurezza ai cittadini ed agli stessi migranti, rispondendo alle legittime preoccupazioni e paure, garantendo maggiormente il rispetto della dignità e dei diritti della persona umana, favorendo processi di inclusione convenienti alla società italiana.

4. Come si è arrivati al Global Compact

A seguito dell’adozione unanime della Dichiarazione di New York da parte dei capi di Stato e di Governo e alti rappresentanti nel settembre 2016, gli ambasciatori all’ONU di Svizzera e Messico sono stati incaricati di facilitare il negoziato per la definizione del Global Compact, con il supporto dell’IOM, Organizzazione internazionale per le migrazioni. La bozza finale è stata approvata il 13 luglio scorso da 192 paesi, a conclusione di un negoziato intergovernativo che ha prodotto tre revisioni della bozza iniziale. Essa è il risultato di analisi, consultazioni con le parti coinvolte, mediazioni tra governi in oltre un anno di lavoro e sarà presentata al vertice dei capi di Stato e di Governo a Marrakech.

Il Global Compact rappresenta per tutti i paesi un utile riferimento che delinea una reale possibilità di governance dei movimenti migratori. Esso presenta una visione complessiva, ripropone e attualizza principi già condivisi, definisce un quadro d’azione coerente con l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, invita gli Stati ad una maggiore cooperazione e solidarietà ed alla collaborazione con gli attori coinvolti, nel rispetto del principio di sussidiarietà. Si tratta di un documento di mediazione tra posizioni differenti, una bussola con indicazioni precise e utili: che ogni Stato può seguire con maggiore o minore intensità a seconda delle proprie opzioni politiche.

5. Il Global Compact conviene all’Italia

Il Patto globale sulle migrazioni conviene all’Italia. Esso serve in particolare

  1. come riferimento per una definizione complessiva, coerente e lungimirante della propria politica migratoria, superando l’approccio emergenziale e settoriale.
  2. come strumento per rafforzare le proprie ragioni nelle relazioni e negoziazioni con gli altri paesi europei,
  3. come tramite per facilitare le trattative nella definizione dei necessari accordi bilaterali con i paesi di provenienza e di transito che occorre moltiplicare nel prossimo futuro.

Può infatti fornire ai decisori italiani e a quelli europei lo strumento per superare almeno in parte l’inconciliabilità delle posizioni contrapposte, indicando quel comune filo conduttore su cui poggiare le priorità e le scelte. Rafforzando così anche la richiesta italiana di maggiore cooperazione e solidarietà e di decisioni politiche maggiormente condivise.

È indispensabile per mostrare rispetto, credibilità e coerenza nella definizione di accordi bilaterali o regionali con i paesi di partenza e di transito dei migranti, anche per potere concordare i necessari ritorni.

Può inoltre indicare il percorso per definire quella strategia politica complessiva e lungimirante di cui l’Italia ha da tempo bisogno e nella quale inserire coerentemente e senza improvvisazioni i provvedimenti normativi settoriali: quelli sulla sicurezza insieme a quelli per la sana integrazione, la possibilità di migrazione regolare, l’accoglienza ai fini della protezione, il lavoro e quant’altro per qualificare un paese moderno, che rimanga aperto al mondo e al tempo stesso assicuri sicurezza, rispetto delle regole, inclusione e armonica convivenza, considerazione della dignità dell’essere umano.

A Marrakech, il 10 Dicembre 2018, il Governo italiano dovrà essere tra i primi ad adottare il Global Compact per una migrazione sicura, ordinata e regolare. Perché all’Italia conviene.

(Il documento nella pagina di Link 2007) 

Anche in: Vita, OnuItalia, Africanpeople

Articoli in: Avvenire, Affari Internazionali

Nino Sergi

Nino (Antonio Giuseppe) SERGI. Presidente emerito di Intersos, che ha fondato nel 1992 e di cui è stato segretario generale e presidente. In precedenza, dal 1983 fondatore e direttore dell’Iscos-Cisl, istituto sindacale per la cooperazione allo sviluppo. Nel 1979 direttore del Cesil, centro solidarietà internazionale lavoratori, fondato con le comunità di immigrati a Milano. Operaio e sindacalista. Tra gli anni '60 e '70 formatore in Ciad. Studi di filosofia in Italia e di teologia in Francia.
Onorificenze: Commendatore, Ordine al merito della Repubblica Italiana (27 Dicembre 2022).
(Gli articoli di questo blog esprimono sia posizioni personali che collettive istituzionali i cui testi ho scritto o ho contribuito a scrivere. Possono essere liberamente ripresi)