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ONG
03 Lug 2017

POLITICHE SULL’IMMIGRAZIONE: INGANNEVOLI O TROPPO PARZIALI

CI RISIAMO, COME SEMPRE. Quando non sa cosa fare, la politica ostenta sicurezza e decisione verbale. Quando non sa come gestire fenomeni ampi e complessi come l’immigrazione e la crescente mobilità umana spinta dalla globalizzazione, presenta soluzioni ‘rapide e semplici, definitive’ ai problemi e alle paure, basate però su conoscenze perlopiù superficiali e su una concezione autoreferenziale e facilona dei rapporti tra gli Stati, quindi irrealizzabili o difficilmente perseguibili, se non in anni di duro lavoro politico-diplomatico che non si può ridurre al ‘battere i pugni sul tavolo’. “Impedire gli arrivi”, “rimandarli a casa”, “aiutare donne e bambini ma rispedire indietro i maschi”, “selezionarli nei paesi di transito”, “aiutarli e bloccarli nei loro paesi”, “rinegoziare tutti i trattati europei” … sono presentati come programmi risolutivi e realizzabili con fermezza e subito. Appena eletti, ovviamente. La pubblicità ingannevole è illecita e l’impresa che inganna viene sanzionata. La politica, invece, può permettersi di ingannare. E più inganna, più ottiene consenso: che è ormai il primo obiettivo dei politici odierni. Di molti, almeno, dato che ne conosco alcuni, e alcune, la cui serietà, il cui impegno e il cui rigore sono encomiabili.
Capita anche che, quando non sa cosa proporre, la politica se la prenda con quelli che, avendo idee e obiettivi chiari, fanno il proprio dovere, accusandoli perfino di essere la causa del problema o di trarne profitto, come è accaduto con il coro polifonico contro le Ong nel Mediterraneo. Purtroppo, le denunce, anche quelle fasulle, fanno sempre presa e i media sono generalmente portati ad evidenziarle con grandi titoli o con muscolose quanto superficiali discussioni televisive che turbano, favorendo percezioni errate e crescenti paure.
Ma veniamo alle novità che si stanno preparando a livello di governo, dopo l’intesa raggiunta dal ministro Minniti con i colleghi di Francia e Germania e il commissario Ue per le migrazioni Avramopoulos. L’intesa riguarderebbe principalmente la regolamentazione delle azioni delle Ong con un codice di condotta definito in una cornice Ue, lo stanziamento di più fondi per consentire alle legittime autorità libiche un migliore controllo delle coste, il rilancio del piano di ricollocamento dei migranti nei paesi europei, anche consentendo lo sbarco in paesi diversi dall’Italia, il rafforzamento dell’attività di coordinamento della guardia costiera italiana.
L’idea di chiudere i porti italiani alle navi delle Ong battenti bandiera non italiana e Ue, o l’idea di bloccare quelle che non corrispondano ad artefatti criteri di qualità o non accettino imposizioni ‘militarizzanti’ appaiono alquanto bizzarre e fantasiose. Le Ong salvano vite in mare perché chi avrebbe il dovere di farlo non lo fa o non lo fa a sufficienza. E’ con la fine dell’operazione Mare Nostrum, infatti, che hanno sentito il dovere di intervenire. E lo fanno coordinandosi con il comando centrale della guardia costiera che dà loro indicazioni, compreso il porto di approdo e compreso l’ingresso nelle acque territoriali libiche nei casi di estrema urgenza. La trasparenza è essenziale, certo, dato che è uno dei principi base di ogni organizzazione umanitaria. Così come il necessario grado di preparazione, come è richiesto in ogni contesto di crisi in cui esse sono chiamate ad intervenire. Ma, stando alle testimonianze della guardia costiera, delle capitanerie di porto e dei comandi dell’operazione militare Sophia le Ong che hanno finora operato sono state preziose ed hanno agito con efficacia, generosità e massimo coordinamento. Le navi mercantili a cui capita di soccorrere natanti in pericolo nel Mediterraneo sono forse più attrezzate delle navi delle Ong e seguono migliori criteri di qualità nei salvataggi? Evidentemente no. Quanto scrivevo a metà aprile, “Colpire le Ong per colpire i salvataggi in mare”, ha fatto passi avanti. L’obiettivo di questi provvedimenti è, con sempre maggiore evidenza, quello di impedire i salvataggi in mare, nella convinzione che qualche decina di migliaia di morti possa mettere fine alle attuali traversate della disperazione.
E’ utile quindi mettere qualche puntino sulle i.
1. La responsabilità dell’accoglienza va tenuta distinta dall’obbligo del soccorso e della salvezza di ogni vita a rischio. Se l’accoglienza deve inevitabilmente tener conto delle effettive capacità di accoglimento, condivise su tutto il territorio, se deve essere regolata, se deve essere gestita in modo tale che di vera accoglienza si tratti e non di umiliante ‘parcheggio’, anche verificando chi ha diritto di rimanere e chi no, non è certo improvvisando misure che nella realtà impedirebbero i salvataggi e favorirebbero le morti in mare che i Governi possono dimostrare di avere finalmente una strategia politica. Sarebbe solo un ulteriore segno della loro debolezza, dell’incapacità di disegnare e realizzare politiche che sappiano capire la realtà del fenomeno migratorio e della mobilità umana che la globalizzazione continuerà a favorire e che va in ogni caso gestita, senza tradire quei valori che hanno costruito e reso forti l’Italia e l’Europa e senza i quali salterebbero le ragioni del nostro vivere comune. Anche per questo le richieste italiane di condivisione della pressione migratoria andrebbero accolte senza ulteriori ritardi.
2. Continua a mancare una visione politica di insieme, in cui inserire con un minimo di coerenza e coordinamento i singoli spezzoni di questo ampio movimento di popoli che indubbiamente pone molti problemi, a fianco di opportunità, se solo si fosse capaci di coglierle. Si procede con decisioni parziali dettate dalle pressioni del momento; ed è proprio il continuo mettere toppe che non va, spesso improvvisate, poco pensate, poco discusse con i soggetti coinvolti, come nel caso delle navi delle Ong. Manca un disegno complessivo, da realizzare ovviamente a tappe (ma prevedendole e programmandole, queste tappe) e prevedendo gli impegni necessari, nei tempi e con i fondi indispensabili, con le intese – almeno quelle realizzabili – con gli altri paesi, sia in Europa che in Africa e altrove. A metà gennaio LINK 2007 ha proposto alcune linee operative per un programma di governo non limitato alla sola visione del ministero dell’Interno, che rimane molto attuale. Manca anche, almeno in parte, la comprensione delle cause e dei motivi che spingono questi crescenti movimenti, in modo da poter intervenire su di essi: non a parole e con buone intenzioni ma concretamente, con forti partenariati, in modo efficace e perseverante.
3. Che tipo di svolta sta dando il Governo insieme all’Ue? Affrontando il problema lasciando morire migliaia di persone, come sembra far supporre la chiusura alle Ong? Girando lo sguardo altrove, quando nelle rotte migratorie c’è gente che viene sfruttata, abusata, torturata, uccisa, abbandonata senz’acqua e cibo in pieno deserto al fine di tacitare ogni protesta? Lasciando che siano i Libici a fare il lavoro sporco, usando tutti i mezzi, compresa l’illegalità, lo sfruttamento e il disprezzo degli esseri umani? Perfino la Corte dell’Aja ha messo sotto indagine la guardia costiera libica, quella stessa a cui si vorrebbe affidare la gestione dei salvataggi. Sono stati forse i profughi che arrivavano e lavoravano in Libia a destabilizzare questo paese, o non Francia, Gran Bretagna, Usa e altri paesi che si sono accodati e che ora non vogliono minimamente pagare le conseguenze di ciò che hanno causato? Le Ong sono pronte a discutere di tutto, a valutare e trovare percorsi condivisi. Ciò che non possono accettare è che si decida che una parte di umanità vada in malora o alla morte, alla faccia dei valori e dei principi che ci hanno resi grandi, ci hanno tenuti uniti, in Italia e in Europa, e senza i quali la convivenza perderebbe il significato profondo.
4. Lo stress di molte città e regioni va tenuto ben presente, insieme alla reazione di molte persone che vivono nel timore di perdere sicurezza e benessere e che vanno capite e aiutate, anche con interventi di forte sostegno ai territori che accolgono e con misure che tranquillizzino gli amministratori locali. Come va tenuta presente l’incapacità, la non volontà, il boicottaggio, la becera strumentalizzazione politica di troppi sindaci. Occorre conciliare due doveri dello Stato. Quello di proteggere i propri cittadini, anche di fronte a paure immaginarie o comunque esagerate, di vigilare i confini, di regolare gli ingressi in modo giusto, corrispondente alle possibilità e ai bisogni. E quello di agire in modo coerente con il senso di umanità, il dovere di solidarietà e aiuto reciproco, gli obblighi internazionali. Il superamento degli accordi di Dublino sui rifugiati e il ricollocamento distribuito in tutti i paesi europei, come già deciso dalle istituzioni europee, è la strada maestra per sollevare l’Italia dalla pressione attuale e per essere nelle condizioni per potere definire una politica complessiva europea in materia migratoria che guardi all’interno e all’esterno dell’Ue. Gli egoismi stanno però prevalendo, sotto la mannaia delle pubbliche opinioni. Potrebbe essere di esempio a tutti i paesi europei l’ampliamento della distribuzione dei profughi in tutti i comuni italiani invece dei soli 2.600 su 8.000. Ma anche da noi l’egoismo e la mannaia elettorale la fanno da padroni.
5. Saranno forse necessarie alcune forzature per scuotere i decisori politici dei paesi europei e dell’Unione, senza mai superare il limite della salvezza della vita e della protezione delle persone. Viene chiesto anche alle Ong di farne, sbarcando i profughi in Spagna, in Francia, in Croazia per mettere quei paesi di fronte alle proprie responsabilità. C’era chi ci aveva pensato: e sarebbe stato un atto non indifferente, anche giuridicamente, date le norme che impongono alle Ong di seguire le indicazioni della guardia costiera italiana. Ma le incaute dichiarazioni del nostro ministro dell’Interno che ha pubblicamente invitato le Ong a “farlo almeno una volta” hanno inevitabilmente bloccato tutto. Essere “non governativi” non significa non potere collaborare con governi ma non potrà mai significare agire sotto loro dettatura. E procedere con decisioni come quelle che si stanno ora annunciando per le navi dei salvataggi senza un confronto serio tra governo e Ong, che intervengono in mare ma anche nei paesi da cui partono e in cui transitano i migranti, senza un ascolto reciproco, una valutazione dei pro e dei contro, una definizione di tutte le altre azioni che andrebbero fatte non mi sembra proprio la via migliore. Si ha invece la sensazione che ancora una volta si cerchi solo di lanciare un messaggio ‘tranquillizzante’ in merito alla ‘decisa volontà’ del governo e dell’Ue di intervenire e dare una svolta.
6. Se molto prematuro è l’affidamento della gestione dei profughi e dei salvataggi alle forze libiche, poco formate (e pensare che si chiede alle Ong, già ben formate, di garantire ancora maggiore qualità) e ancora troppo connesse con le potenti criminalità claniche, può essere invece pensato e organizzato con l’UNHCR, l’OIM e le Ong umanitarie specializzate un sistema di protezione in campi attrezzati di tutti quei profughi che si trovano in Libia e che chiedano di essere tutelati di fronte alle angherie, torture e uccisioni dei trafficanti di esseri umani. Tra Tripoli e Misurata, o in altre aree che posano garantire una certa sicurezza, anche con specifici corpi internazionali, possono essere realizzate alcune strutture, come succede normalmente in paesi e situazioni non meno difficili, spesso con centinaia di migliaia di profughi. Oltre all’accoglienza, alla protezione, alle cure, alla tutela dei minori, essi potrebbero ricevere le corrette informazioni sul possibile proseguimento del viaggio, sul riconoscimento dello status di rifugiato, sui ricongiungimenti familiari, sul ritorno assistito e ogni altra necessità, nel rispetto dei loro diritti e della loro dignità. Lo stessa cosa era stata da tempo pensata per i paesi di transito ma l’attuazione sta accumulando troppi ritardi. Quanto alle cause delle migrazioni e alle moderne spinte alla mobilità, le Ong stanno lavorando con alcune diaspore per ampliare e finalizzare meglio i programmi di sviluppo. Ma il discorso, proprio perché fondamentale, richiede ben altro approfondimento.

Pubblicato in vita.it

Nino Sergi

Nino (Antonio Giuseppe) SERGI. Presidente emerito di Intersos, che ha fondato nel 1992 e di cui è stato segretario generale e presidente. In precedenza, dal 1983 fondatore e direttore dell’Iscos-Cisl, istituto sindacale per la cooperazione allo sviluppo. Nel 1979 direttore del Cesil, centro solidarietà internazionale lavoratori, fondato con le comunità di immigrati a Milano. Operaio e sindacalista. Tra gli anni '60 e '70 formatore in Ciad. Studi di filosofia in Italia e di teologia in Francia.
Onorificenze: Commendatore, Ordine al merito della Repubblica Italiana (27 Dicembre 2022).
(Gli articoli di questo blog esprimono sia posizioni personali che collettive istituzionali i cui testi ho scritto o ho contribuito a scrivere. Possono essere liberamente ripresi)