Trovo alquanto spiazzante l’articolo non firmato dell’Osservatore Romano “Sulla pelle dei migranti. Sospetti di manipolazioni a fini economici e politici degli atti umanitari” del 28 aprile, da attribuirsi quindi alla sua direzione. Spiazzante perché sembra mettere in guardia le altre testate cattoliche che fino ad ora si sono poste in modo critico sulle modalità in cui sono stati esternati gli interrogativi sull’azione di salvataggio delle Ong, riconoscendo in esse un atto meritorio e doveroso, data l’insufficiente risposta istituzionale, europea e italiana, dopo la fine di Mare Nostrum.
L’articolo sembra ripetere, quasi con lo stesso linguaggio (ma anche le stesse ambiguità), la posizione del procuratore di Catania Carmelo Zuccaro. Lo stesso che il CSM vuole ascoltare il prossimo 3 maggio proprio sulle modalità e genericità delle sue esternazioni mediatiche. Seguendo la tesi del Procuratore, l’articolo riprende inoltre termini contestati dalle stesse istituzioni a cui vengono attribuiti, quale “taxi” dei trafficanti di esseri umani, riferito alle navi delle Ong, aggravandoli con l’affermazione che “un atto doveroso e irrinunciabile, come quello di salvare vite umane, verrebbe così stravolto e infangato da interessi e giochi di potere”. Il collegamento poi con quanto “già accaduto per l’accoglienza diventata occasione di speculazione da parte di organizzazioni criminali” rende chiara la posizione dell’Osservatore Romano: ci sono Ong che truffano, sono conniventi con i criminali e hanno obiettivi di potere. Avrà forse avuto le famose prove che tutti, a partire dal Parlamento, stanno aspettando?
Con tutto il rispetto per un giornale che è spesso per me un riferimento indispensabile su tematiche internazionali normalmente ignorate dalla stampa italiana, non posso che rimandare a quanto dichiarato e sostenuto dalle tre grandi reti delle Ong italiane (Aoi, Cini, Link 2007) e da singole Ong direttamente o indirettamente coinvolte. Riprendo alcuni dei punti essenziali espressi in questi giorni.
- La trasparenza (sui fondi, le attività, gli obiettivi e sul rispetto delle leggi internazionali del mare e dei principi umanitari) è uno dei pilastri fondamentali delle organizzazioni non profit solidaristiche, senza il quale si rischia di essere o divenire altra cosa.
- Le Ong sono le prime quindi ad essere interessate a conoscere se ci sono attività illecite e connessioni con i trafficanti, perché rappresenterebbero un cancro pericoloso e inaccettabile; che romperebbe, inoltre, il rapporto di fiducia costruito con decine di migliaia di sostenitori che credono nel loro operato. Nessun contrasto quindi alle indagini ma si auspica che possano procedere con la doverosa riservatezza e con rapidità.
- Non possono comunque accettare le generalizzazioni che sono state fatte – e poi parzialmente corrette – sia da parte della politica che della magistratura. In particolare rifiutano le supposizioni, le opinioni e ogni altra simile dichiarazione pubblica presentata troppo spesso come prova, per poi affermare che non di prova si tratta, oppure che la prova non può essere “portata a prova” e che in ogni caso si è solo “alle ipotesi di indagini”. Rifiutano una magistratura inquirente che esternalizza valutazioni politiche personali, invece di presentare documentazione, dati precisi e circostanziati a chi di dovere (ad esempio durante le audizioni in Parlamento, potendo chiederne la secretazione), al fine di fare rapidamente e doverosamente chiarezza.
- Le Ong chiedono di essere informate in modo corretto e senza strumentalizzazioni, come d’altronde lo chiede la pubblica opinione, rimasta molto confusa dalla cattiva gestione di tutta la questione. Fino a quando non ci sono accuse comprovate, precise e circostanziate, nessuna Ong (come nessun cittadino) può essere messo alla gogna mediatica. Esse si rivolgono in particolare alla politica e ai media. Si stanno toccando temi e fatti che riguardano l’umanità e i suoi valori, su cui non è ammesso fare speculazioni strumentali ad altri fini.
- Proprio perché si tratta di valori inderogabili, le Ong si sentiranno in ogni caso in dovere di continuare a salvare la vita di esseri umani in pericolo. L’imperativo umanitario non è uno scherzo e non può assolutamente valere a piacimento o in subordine a scelte politiche.
Dopo giorni di veleni e polemiche, mi sento di fare una proposta. La magistratura faccia il suo dovere e lo faccia bene. Dalla politica sarebbe stato bello sentire un: “sediamoci e discutiamone, cerchiamo di capire come bloccare e perseguire i trafficanti senza rinunciare al dovere fondamentale di salvare vite umane”. Sarebbe stato certamente utile. È stata invece scelta la scorciatoia dell’attacco ai salvataggi e alle Ong chi li fanno: una strada che porta in un vicolo cieco. Penso invece che la complessità della materia con la sua dimensione interna e internazionale, con esigenze contrapposte che devono comunque trovare una sintesi (quali a titolo di esempio la necessità di emigrare e il dovere di ogni stato di regolare gli ingressi), con l’urgenza di coordinare gli sforzi e le strategie tra regioni, tra stati e tra soggetti che intervengono… e molto, molto altro richiedano un comune sforzo di riflessione, di analisi, di ricerca di soluzioni sostenibili e durature, che rispettino la dignità delle persone. Ciò che non aiuta è la continua e velenosa contrapposizione e strumentalizzazione politica che servirà solo a peggiorare la situazione, rendendola senza vie di uscita. Le Ong umanitarie e di sviluppo hanno un’esperienza e una visione sia a livello interno che internazionale dove, negli stessi paesi della povertà, operano a contatto quotidiano con le persone. Il loro contributo, unito a quello di quanti già stanno cercando di approfondire e di trovare risposte, potrebbe essere prezioso.
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