Documento diffuso da LINK 2007 per motivare la necessità di significativi stanziamenti per la cooperazione pubblica allo sviluppo nella legge di bilancio 2022.
L’Italia ha sempre tenuto al proprio ruolo internazionale, anche se spesso non ha adottato coerenti politiche e strumenti adeguati agli obiettivi auspicati. La fase attuale in Europa, in concomitanza con la presidenza del G20 e la co-presidenza della Cop 26, ha accresciuto il peso internazionale dell’Italia. Per renderlo duraturo, evitando di sprecare un’occasione così preziosa, la coerenza politica e l’adeguatezza degli strumenti devono divenire le colonne portanti sia a livello di parlamento che di governo.
La cooperazione internazionale per lo sviluppo, in particolare nelle relazioni con l’Africa sub sahariana e mediterranea e con il vicino e medio Oriente – contesti geopolitici che la posizione del nostro paese rende di immediato e crescente interesse – è senza dubbio uno degli strumenti politici che devono essere ripensati, rinnovati e meglio adeguati finanziariamente. Maggiore o minore cooperazione significa maggiore o minore presenza solidaristica nel mondo, giustizia, opportunità di dialogo, rilevanza politica, partnership economica, peso sulle questioni globali, possibilità di accordi su materie di interesse reciproco e temi prioritari per la pace e la sicurezza.
Solo una convinta ed energica cooperazione internazionale può dare solidità ai tre pilastri della presidenza italiana del G20 “People, Planet, Prosperity” e può rendere vera l’affermazione della recente Conferenza Italia–Africa, con ministri e alti rappresentanti dei 54 Paesi del continente e dell’UA, di “dare vita a esperienze di cooperazione utili sia al continente africano che alla stessa economia italiana” e “costruire un asse Europa-Mediterraneo-Africa, una zona di cooperazione multidimensionale, competitività e sviluppo solidale, inclusivo, e sostenibile”.
L’Italia stenta però a dare alla cooperazione internazionale una visione di lungo periodo, con precise programmazioni e con la strategia, lo slancio e l’impegno che sono richiesti dalle necessità e opportunità dei paesi partner e nostre: investimenti per la crescita e la qualità di numerosi e diversificati settori, infrastrutture, agricoltura sostenibile, settore manifatturiero, inclusione di genere, formazione, educazione, salute, digitalizzazione, rimozione di squilibri economici e sociali e più equa distribuzione delle risorse, transizione ecologica, riconversione del debito per garantire liquidità a paesi schiacciati dal suo peso, fiscalità. E tanto altro, per potere mettere a frutto le enormi potenzialità e capacità presenti in aree e paesi di nostro interesse e per costruire, insieme e con pari dignità, lo sviluppo inclusivo e innovativo che vogliamo e attuare gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030.
Occorre dare una svolta. Lo si ripete da anni. Non è più il tempo dei rinvii. Spetta ora al presidente Mario Draghi, al ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Luigi Di Maio e al ministro dell’economia e delle finanze Daniele Franco provvedere a invertire la tendenza, ora nella legge di bilancio e nella programmazione pluriennale.
L’impegno finanziario dell’Italia – membro del G7 – per la cooperazione pubblica allo sviluppo (CPS) è appena sufficiente a mantenere uno stentato galleggiamento tra i sette grandi, posizionandosi al 10° posto tra i 30 paesi Ocse-Dac (che adottano principi, standard e obiettivi comuni nella CPS). Mentre in rapporto al RNL si situa al 20° posto, dopo paesi come Irlanda, Austria, Islanda, Ungheria, Nuova Zelanda, Spagna.L’Italia e gli altri paesi Ocse-Dac (Tabelle 1 e 2).
Crollo dei fondi italiani per la CPS (Tabella 3)
Invece di continuare la progressione per superare nel 2020 lo 0,30% del RNL raggiungendo la media delle erogazioni dei paesi Ocse-Dac come indicato dalla legge 125/2014, i fondi italiani hanno subìto un crollo che ha riportato la percentuale rispetto al RNL allo 0,22% sia nel 2019 che nel 2020. Gli stanziamenti annuali per la CPS sono diminuiti mentre in parallelo sovrabbondano gli “impegni” governativi per un graduale aumento delle risorse fino a giungere allo 0.70% del RNL come concordato internazionalmente, Impegno ripetutamente assicurato e ripetutamente ritrattato. Poca visione e coerenza politica: ne va della credibilità del nostro paese.
La cooperazione multilaterale e quella bilaterale (Tabella 4)
L’istituzione che più contribuisce alla CPS italiana è il ministero dell’economia e delle finanze (MEF) che nel 2020 ha gestito erogazioni pari al 52,83% della CPS complessiva (si tratta in particolare di contributi a Banche, Fondi di sviluppo e al Bilancio dell’Unione Europea destinato alla cooperazione allo sviluppo, di operazioni sul debito, di importi di competenza CDP e SACE notificabili come CPS). Il ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI), insieme all’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (AICS), è in seconda posizione gestendo nel 2020 il 35,14% della CPS. Significativa, anche se in forte calo rispetto agli anni precedenti, è la quota del ministero dell’Interno, pari al 5,62% della CPS, destinata prevalentemente all’assistenza temporanea in Italia dei rifugiati e richiedenti asilo. (Dati tratti dalla Relazione APS 2020 del Maeci al Parlamento, settembre 2021).
Lo strumento multilaterale rappresenta il 73% della CPS complessiva (2020). Ma anche la restante parte bilaterale è spesso attuata nei paesi partner attraverso organizzazioni e agenzie multilaterali, con lo strumento denominato “cooperazione multi-bilaterale”. In sostanza l’Italia tende a delegare, dandola in subappalto, la propria cooperazione internazionale per lo sviluppo, quella che la legge definisce “parte integrante e qualificante della politica estera italiana”.
La cooperazione diretta e visibile.
La parte della cooperazione bilaterale dell’Italia rientrante nelle funzioni dell’AICS è quella che dà risultati e concreta visibilità italiana e a cui immediatamente tutti fanno riferimento. È infatti basata sull’azione e l’incontro diretti, non mediati, nei paesi in sviluppo, sulla conoscenza pluridecennale dei territori, delle comunità e realtà locali. Oltre a rivelarsi meno costosa coinvolge soggetti italiani della società civile, organizzazioni delle diaspore, università, enti regionali e territoriali, imprese che hanno saputo stabilire relazioni paritarie, durature e di reciproco interesse, risulta efficace e i risultati sono verificati e valutati. Purtroppo, questa cooperazione bilaterale diretta rimane limitata ad un 5% della CPS complessiva. E ciò è chiaramente inaccettabile.
Il multilateralismo rimane indubbiamente fondamentale di fronte a sfide globali che solo insieme, come comunità internazionale, possono essere affrontate pena l’irrilevanza delle risposte. L’Italia ha impegni multilaterali che deve onorare ed è chiamata ad esercitare un condiviso ruolo propositivo e di doverosa compartecipazione. Questi impegni che indubbiamente assicurano anche rilevanza politica al nostro paese nelle sedi istituzionali non devono però sostituire, come sta purtroppo avvenendo, le iniziative realizzate direttamente dai soggetti pubblici e privati italiani nei paesi in sviluppo – da quel “sistema Italia” ripetutamente menzionato – con importanti e diffuse presenze particolarmente in Africa, nel Mediterraneo, nel Medio Oriente. Esse vanno invece ampliate e rafforzate perché danno visibilità al nostro paese e al suo impegno solidaristico e riescono a costruire relazioni e legami indispensabili al rafforzamento del dialogo e delle cooperazioni bilaterali ad interesse e beneficio reciproco, anche di tipo economico. Per non parlare dei movimenti migratori che vanno governati anche con accordi tra paesi di arrivo e di provenienza.
Che messaggio lancia la Cooperazione italiana ai giovani che intendono partecipare ed essere protagonisti con la loro competenza e dedizione di una globalizzazione dei diritti umani, delle pari opportunità, della giustizia economica se quasi tutto l’impegno governativo si concentra sulle contribuzioni, soprattutto obbligatorie, a banche e fondi internazionali, all’UE, alle Agenzie Onu ed altre istituzioni internazionali, valorizzando solo minimamente gli attori nazionali? Dare poco spazio alla cooperazione bilaterale diretta significa non dare la giusta rilevanza all’iniziativa di molte realtà italiane che hanno dimostrato, talvolta innovando e contribuendo alla definizione delle politiche e delle priorità, di sapere costruire legami di attiva cooperazione e partenariati che fanno onore e danno rilevanza all’Italia.
Occorre operare quanto prima un riequilibrio nella ripartizione tra gli strumenti multilaterali/multi-bilaterali e bilaterali. La cooperazione bilaterale diretta deve essere rafforzata non a scapito di quella multilaterale ma attraverso un significativo aumento delle risorse destinate alla CPS. Così da ritornare con la legge di bilancio 2022 allo stanziamento dello 0,30% del RNL (che sarà comunque ancora al di sotto della media dello 0,32% dei Paesi Ocse-Dac e dello 0,50% dell’insieme dei 19 Stati UE membri del Dac) e fissare con una specifica norma legislativa una progressione annuale dello 0,05% che porti gli stanziamenti definitivamente allo 0,70% del RNL nel 2030, in ottemperanza agli impegni assunti internazionalmente e nell’interesse del nostro paese. Molte organizzazioni e istituzioni sociali, culturali, religiose, del terzo settore stanno lanciando la “Campagna 070” e intendono essere ascoltate.
500 milioni aggiuntivi in legge di bilancio?
La Pre-Cop 26 di Milano ha confermato l’impegno di finanziare entro il 2025 il fondo per il clima da 100 miliardi di dollari sancito dall’accordo di Parigi per aiutare le nazioni più vulnerabili ad affrontare l’emergenza climatica. Indubbiamente non sono sufficienti, ma è il segno dell’intenzione della Cop 26 impegnarsi, con questa leva, perché sia raggiunto l’obiettivo dei 1.000 miliardi e oltre, attirando nuova finanza per aumentare la mole di investimento necessaria. L’Italia farà la sua parte, probabilmente con un primo stanziamento di almeno 500 milioni già nella prossima legge di bilancio.
Se lo stanziamento sarà confermato è da salutare positivamente. La limitatezza delle risorse italiane per la CPS rimarrà comunque tale come anche il rischio che nuovamente le risorse vadano a potenziare solo il canale multilaterale, sottostimando la dimensione bilaterale.
Se la legge di bilancio non prevede altro, la nostra cooperazione rimarrà quello che è: uno strumento per rafforzare leggermente la presenza e la rilevanza dell’Italia negli ambiti multilaterali. Si tratta di un’esigenza più che giusta ma non può essere né l’unica né la preminente. Anche perché l’azione blaterale con l’impegno dei soggetti della società civile e dei territori rimane rilevante, più diretta, più efficace. E ciò accade sia perché già stiamo intervenendo – da molti decenni, ricordiamolo – in modo diffuso, fino alle regioni più lontane, con progetti di riforestazione, uso dell’acqua, energia verde, cura dei suoli, agricoltura sostenibile…; sia perché interveniamo contemporaneamente in settori strettamente collegati ai cambiamenti climatici quali la salute, la prevenzione, la lotta alla povertà, l’educazione, la formazione, l’emigrazione, con attenzione alla governance dei processi per diminuire le disuguaglianze. Il fondo per il clima e gli stanziamenti italiani dovranno tenerlo presente: tali interventi diretti sono normalmente molto efficaci, trattandosi di centinaia di azioni collegate sul territorio e coinvolgenti persone e comunità, abituate come sono a riciclare per non sprecare nulla.
Torniamo ai numeri. Il RNL 2020 è stato di euro 1.671.885.000.000. È prevista una crescita del 6% quest’anno, pari a un RNL 2021 intorno a euro 1.772.198.100.000. Le erogazioni per la CPS sono state nel 2020 pari a euro 3.673.310.000, lo 0,22% del RNL. Non si conoscono ancora le erogazioni totali del 2021 ma potrebbero attestarsi intorno ai 3,8 miliardi se si riuscirà a mantenere il rapporto col RNL allo 0,22%.
E anche nel 2022, pur con i 500 milioni aggiuntivi per il Fondo ambiente, la CPS continuerà a non superare lo 0,22% del RNL.
Per giungere allo 0,70% nel 2030, puntando seriamente ad attuare gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030, servono uno stanziamento nel 2022 pari allo 0,30% del RNL ed una progressione annuale dello 0,05%. Lo ribadiamo, altrimenti continuerebbe a dominare l’incoerenza politica, come spesso nel passato. La legge di bilancio 2022 dovrebbe quindi prevedere un aumento degli stanziamenti totali per la CPS di circa 1.700.000.000, cioè 1,2 miliardi in più rispetto ai 500 milioni annunciati.
È una sfida di alto valore politico che il governo e il parlamento devono saper raccogliere, passando finalmente dalle parole e dai solenni impegni, continuamente contraddetti, ai fatti, alla loro attuazione. Il continente africano, in particolare, rappresenta il partner naturale per l’UE, legati come sono dal Mediterraneo. Con ampie possibilità di integrazione, che l’Italia dovrà vivere da protagonista nella sua indiscutibile posizione di ponte tra i due continenti.
“L’Africa è la nostra priorità” si continua a ripetere. “Non comprenderlo adesso – ha affermato il presidente Sergio Mattarella alla Conferenza Italia-Africa – ci porterebbe a constatare, fra qualche anno, di essere stati silenziosamente, ma inesorabilmente, relegati alla periferia del pianeta”.
Chiediamo quindi – nella speranza di essere ascoltati – che dalla legge di bilancio 2022 fino a quella del 2030 sia fissata, anche con una specifica norma legislativa, una progressione annuale che dallo 0,30 del RNL porti gli stanziamenti per la CPS definitivamente allo 0,70% secondo gli impegni assunti. Altrimenti rischiano di perdere il loro vero significato perfino le funzioni di ministro e di viceministro per la cooperazione internazionale e la visione e i contenuti della Legge 125/2014.
TABELLE
(le tabelle che seguono sono state elaborate da Openpolis su dati Ocse e Maeci.
TABELLA 1 – Paesi Ocse-Dac. Importi destinati alla CPS nel 2020
TABELLA 2 – Paesi Ocse-Dac per fondi destinati alla CPS in rapporto al RNL
TABELLA 3 – Il crollo dei fondi italiani (% rispetto al RNL)
TABELLA 4 – L’aiuto bilaterale e quello multilaterale dell’Italia, dal 1960 al 2020