Il grido ‘mai più’ potrà essere reale solo se saremo capaci di riconoscere e contrapporci ad ogni segnale di indebolimento della nostra democrazia e della dignità di ogni essere umano. Per questo il Giorno della Memoria continua ad avere un grande significato per tutti noi, le nostre società, l’azione politica.
“Dopo di noi chi ricorderà?”
«La Giornata della Memora serve, ma è destinata ad attenuarsi e lentamente a svanire in un indistinto passato». A queste parole di Corrado Augias, durante la trasmissione La Torre di Babele, Liliana Segre risponde preoccupata con la semplicità e profondità del suo linguaggio «Io sono assolutamente d’accordo e spesso vengo criticata quando dico che mi sembra di aver vissuto invano. Mi rifaccio agli Armeni. Nel 1915 ci fu la loro deportazione, la marcia e la strage. Poco più di cent’anni dopo, chi si ricorda più degli Armeni? Credo che sarà così anche per la Shoah. Quando saremo morti tutti (sono una dei pochi testimoni rimasti ancora in vita), non ci sarà più nessuno che possa dire io c’ero».
In Italia il Giorno della Memoria è stato istituito dalla legge 211/2020 “al fine di ricordare la Shoah, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati” (art.1) … “in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere” (art. 2).
«Quando si visita Auschwitz e si vede da vicino la macchina dello sterminio, la condanna giunge istintiva. Ma non si crea a mio avviso una consapevolezza di come si è arrivati a quel punto». Sono parole di Gabriele Nissim, fondatore di Gariwo, intervistato per La Lettura, «nel Giorno della Memoria si ricorda il male estremo ma non le tappe che hanno portato all’orrore, la genesi della Shoah: prima si soffoca la democrazia, poi si introducono leggi discriminatorie, quindi si disumanizzano le vittime designate, le si chiudono nei ghetti, infine si arriva alla Shoah. È un grande vuoto che bisogna colmare per svolgere la necessaria opera di prevenzione, per insegnare a tutti, in primo luogo ai giovani, a riconoscere i semi del male. Finora non lo si è fatto abbastanza».
«Il Giorno della Memoria è stato istituito per ricordare a noi, l’Occidente, cosa siamo stati in grado di fare. Il mai più si riferisce soprattutto a questo: mai più cedere sui nostri principi e valori; se li perdiamo, tutto può succedere. E non solo guardando alle “nostre” società ma sempre, superando definitivamente l’indifferenza verso i tanti stermini nel mondo». È Giulia che, in un momento di riflessione famigliare, esprime lo stesso allarme sull’esigenza di riconoscere nella vita sociale e politica i segnali sempre presenti del male, per poterlo prevenire. «Per questo non è accettabile che possa essere un giorno divisivo o che venga ridotto a uno scontro di opinioni o a bandiere basato su pregiudizi”. È il pensiero della grande maggioranza dei cittadini. Ma “non facendo notizia” non viene evidenziato e valorizzato.
Tra presente e passato. Il peso delle parole
Il comunicato dell’UCEI, Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, in occasione del Giorno della Memoria esprime forte preoccupazione e paura di fronte alla “offesa alla memoria della Shoah”. Si legge: «Il 7 ottobre il mondo è cambiato. Dinanzi alla distorsione virulenta espressa da collettività varie, al vittimismo e la propaganda proposta da Hamas, alle accuse di stati, alle narrazioni unilaterali di media, mozioni di politici e appelli religiosi, e all’evidenza dei numerosissimi episodi di odio diretto e violenza fisica, verbale o ideale, ci chiediamo se davvero possiamo ancora ascoltare quel mai più con la stessa rassicurazione. Il sentimento che pervade i nostri cuori in queste settimane che anticipano con programmazioni varie il Giorno della Memoria è quello di una profonda ferita e di offesa alla stessa memoria… dinanzi alle assurde e aberranti accuse verso Israele e gli ebrei in generale, ribaltando e svuotando ogni concetto del suo vero senso. Non si può omaggiare la memoria e gli stessi sopravvissuti ai campi, ormai meno di dieci in tutta Italia, se non si ha coerenza e raccordo tra passato e presente”.
Sono parole gravi, che vanno prese in considerazione ma che sembrano esprimere un’ingiustificata identificazione delle legittime critiche ai governanti israeliani con le “accuse verso Israele e gli Ebrei in generale”, quali “la condanna generica, appelli al boicottaggio, di isolamento e la demonizzazione di Israele e di tutte le sue istituzioni” che il comunicato definisce “tutte forme di offesa alla memoria della Shoah” specie quando “le parole che descrivono l’orrore della Shoah sono riferite a Israele”. Se la generalità, genericità e superficialità delle parole sono giustamente da rifiutare, al pari delle spinte all’isolamento e la demonizzazione di Israele, proprio mentre ci sarebbe bisogno di maggiore dialogo, le critiche alle decisioni del governo israeliano dovrebbero essere materia di maggiore riflessione, nel dialogo che non deve mai essere interrotto. Anche per aiutarci tutti a vedere e comprendere le ragioni e il dolore altrui, ad affrontare nel confronto delle ragioni i tanti se e ma che abbiamo troppo spesso timore di affrontare.
E’ comunque da rispettare la particolare sensibilità, dopo il 7 Ottobre, della Comunità ebraica, colpita anche da un crescente antisemitismo che assimila Ebrei e governo israeliano e che va contrastato, al pari dell’assimilazione tra Palestinesi e Hamas. Serve vicinanza, comprensione e amicizia. La solidarietà con Israele è stata molto ampia in Italia, insieme alla condanna delle efferatezze di Hamas. E non verranno meno, anche di fronte alle severe critiche al governo israeliano per la gravità delle decisioni nella risposta militare, cieca e vendicativa, che ha procurato più di 25 mila morti, bambini e donne in particolare, 60 mila mutilati e feriti, quasi due milioni di sfollati, la loro precaria esistenza senza cibo a sufficienza e cure, la distruzione generalizzata di Gaza, dopo la continua colonizzazione illegale dei territori in Cisgiordania con la violenta espulsione degli abitanti palestinesi.
Ricordare e riconoscere
Il comunicato dell’UCEI ricorda giustamente che “il Giorno della Memoria è dedicato unicamente al ricordo della Shoah, così come rubricato nella legge istitutiva del 211/2000. Tutti gli altri conflitti e drammi laceranti, compreso quello di Israele-Hamas-Palestinesi, vanno rinviati ad altro Giorno e proprio per la loro importanza e complessità”. Sapendo che “è necessario anche attualizzare i fenomeni del passato e saperli riconoscere nel presente”. Riconoscerli nel presente: è il senso profondo della Memoria.
Ricordare il male estremo e insieme le tappe che hanno portato all’orrore della Shoah per poterle riconoscere oggi nelle diverse forme che assumeranno e per potere contrapporsi, prevenendoli, ai semi del male che le nostre società sono capaci di coltivare. Siamo stati capaci di produrre l’orrore dello sterminio, accettando prima la soppressione della democrazia, poi l’introduzione di leggi discriminatorie e la disumanizzazione delle vittime, poi l’isolamento, la deportazione, l’annientamento, l’oblio.
Mai più? Il grido ‘mai più’ potrà essere reale solo se saremo capaci di riconoscere e contrapporci preventivamente ad ogni segnale di indebolimento della nostra democrazia e della dignità di ogni essere umano. A questo serve il Giorno della Memoria. Questo è il suo continuo valore. Le parole di Edith Bruck sulla Stampa siano la nostra eredità: «Io credo che quando noi sopravvissuti non ci saremo più qualcosa rimarrà, i giovani faranno testimonianza per noi». E di giovani ne ha incontrati tanti, per decenni.