Dopo l’approvazione (con un anno di ritardo) del Documento triennale di programmazione e di indirizzo 2017-2019 da parte del Comitato Interministeriale per la cooperazione allo sviluppo (CICS), è ora chiamato ad esprimere il proprio parere, il Consiglio Nazionale (CNCS) composto da rappresentanti dei principali soggetti pubblici e privati, profit e non profit, del sistema di cooperazione italiana allo sviluppo. Sarà il Consiglio dei Ministri, valutando i pareri delle Commissioni parlamentari, della Conferenza unificata e del CNCS, ad approvarlo definitivamente.
UN BUON DOCUMENTO
Il testo proposto dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale all’approvazione del Comitato interministeriale per la cooperazione allo sviluppo, il 19 gennaio 2018, ha recepito molte delle osservazioni presentate nel luglio 2017 da LINK 2007 e dal secondo gruppo di lavoro del CNCS in occasione dell’esame della bozza. Il giudizio complessivo è quindi sostanzialmente positivo. La visione politica e la strategia sono chiare, argomentate, declinate per priorità, modalità e strumenti di intervento, con attenzione alla valutazione dell’efficacia della cooperazione allo sviluppo. L’aiuto umanitario, il nesso migrazione-sviluppo, l’agricoltura e la sicurezza alimentare, la salute, l’istruzione, l’energia, la cultura, il rafforzamento della cittadinanza globale sono collocati in un preciso quadro internazionale e nazionale, con riferimento al nuovo Consenso europeo per lo sviluppo, alla priorità data all’Africa, all’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, al sistema complessivo della cooperazione italiana in questa sua fase di attuazione dopo la riforma legislativa del 2014.
STRETTAMENTE COLLEGATO AD ALTRI DUE DOCUMENTI
Se letto da solo, il documento triennale può facilmente apparire, però, come un insieme di buone intenzioni, un elenco di auspici, che poco si addicono ad una programmazione triennale di attività con un ruolo attivo di più attori, pubblici e privati, nazionali e internazionali, la creazione di partenariati per uno sviluppo sostenibile ed efficace, l’interconnessione di attività e settori di intervento, un’ingente spesa che richiede trasparenza e valutazione. E’ vero che il documento triennale è accompagnato dalla dettagliatissima Relazione annuale sulla politica di cooperazione allo sviluppo ed è altrettanto vero che l’indicazione degli stanziamenti destinati dai ministeri, anche in parte, al finanziamento di interventi di cooperazione allo sviluppo e di conseguenza all’AICS, la specifica Agenzia, è contenuta, annualmente e in modo dettagliato, nell’apposito Allegato allo stato di previsione della spesa del MAECI. La comprensione del documento triennale andrebbe comunque facilitata. La mancanza di dati, di cifre, ridotte ad un’estrema sintesi nelle due pagine finali, impedisce di capire la realtà e la ricchezza della cooperazione italiana (pur in un contesto di limitazioni di bilancio). E’ utile e opportuno che le prossime edizioni del documento triennale riportino dati e tabelle di dettaglio che possano far capire meglio, confrontandola di anno in anno, la reale consistenza dell’azione di cooperazione.
TRE PUNTI DA CONSIDERARE PRIORITARI IN QUESTA FASE
Non è l’unica, certo, ma una delle condizioni per il buon funzionamento della cooperazione italiana è la piena attuazione della riforma legislativa. I tre soggetti istituzionali che la legge 125/2014 ha identificato come principale riferimento per la definizione e l’attuazione delle politiche di cooperazione – MAECI, AICS, CDP (Cassa Depositi e Prestiti) – rappresentano le colonne portanti che la programmazione triennale deve tenere presente al fine di verificarne e accompagnarne la piena operatività ai sensi della legge e dei compiti che essa assegna a ciascuna di loro.
Tre priorità, in particolare, sarebbero da evidenziare:
1. L’AICS, Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, rappresenta la grande novità introdotta dalla legge. Ha avuto e continua a vivere una fase di transizione difficile. Solo la recente legge di bilancio 2018 ha – dopo una dura battaglia con le Commissioni parlamentari – autorizzato il concorso per 10 dirigenti dell’area tecnica, che potranno però essere effettivi non prima del 2019. L’Agenzia si trova quindi ad operare, fortunatamente per un solo altro anno, senza i dirigenti tecnici indispensabili: un assurdo esempio di contraddizione e cecità politica. Ma è su un altro aspetto che la programmazione triennale dovrebbe soffermarsi, quello della sede dell’Agenzia, evidentemente insufficiente e inadeguata, al fine di definire tempi e modalità di attuazione delle ristrutturazioni programmate, senza ulteriori ritardi. La legge 125/2014 aveva provveduto ad assicurare 2,12 milioni di euro a questo scopo (art. 33, c.1), comprendenti l’ampliamento ad altri locali adiacenti, assicurando all’Agenzia – secondo i calcoli della relazione tecnica alla stessa legge – ulteriori 1050 mq. rispetto agli attuali 2700. Le esigenze a regime dimostrano però che anche questa più ampia cubatura rimane insufficiente, tanto che da un anno si sta negoziando con altre istituzioni per avere uno spazio più adeguato in un altro edificio. Una buona cooperazione allo sviluppo richiede anche che il lavoro dell’Agenzia preposta possa avvenire in condizioni operative sufficientemente adeguate, da prevedere e programmare.
2. La DGCS, Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo, non esercita più le funzioni gestionali, affidate dalla legge 125/2014 all’Agenzia, mentre deve valorizzare quelle di analisi, valutazione, comparazione, elaborazione di indirizzi, capacità propositiva, per essere di ausilio alle decisioni e alle politiche del Ministro e del Viceministro, ma anche delle altre istituzioni, in materia di cooperazione allo sviluppo. Anche per la DGCS la fase di transizione non è stata semplice, sia per la rapida rotazione dei suoi vertici che per la capacità di spesa ormai ridotta all’osso. Un documento di programmazione e di indirizzo dovrebbe tenerne conto. Per analizzare, elaborare, presentare proposte credibili al fine di essere di reale ausilio, così come il Parlamento ha stabilito, la Direzione generale deve potere agire, promuovere studi, confrontarsi, favorire approfondimenti attraverso conferenze, workshop, incontri europei e internazionali, momenti di dialogo, fare cioè quanto le è istituzionalmente richiesto. Mentre, stando al consuntivo 2016, la DGCS ha una copertura budgetaria (l’80% è costo fisso del personale) di poco superiore a quella del consolato a Maracaibo, inferiore all’ambasciata a Buenos Aires, appena doppia rispetto alle singole ambasciate ad Addis Abeba, Algeri, Kiev, Ankara, Atene, Beirut, Belgrado o al consolato a Zurigo. L’importanza delle ambasciate e dei consolati è indubbia ma servirebbe davvero poco per dare certezza alla DGCS di poter fare bene il lavoro che le è richiesto: un compito di considerevole importanza e responsabilità.
3. La CDP, Cassa depositi e prestiti, ha assunto un importante ruolo per l’istruttoria e la gestione dei profili finanziari delle iniziative di cooperazione, i crediti concessionali, la strutturazione di prodotti di finanza per lo sviluppo sia per quanto riguarda la cooperazione italiana che quella europea e di istituzioni internazionali. Nell’ambito della cooperazione è spesso definita ‘banca di sviluppo’. Si tratta solo di un auspicio, dato che la legge la concepisce come il braccio finanziario operativo del sistema italiano di cooperazione allo sviluppo, in stretto coordinamento con la DGCS e l’AICS. È auspicabile che, anche con una definita previsione nel documento programmatico triennale e, se del caso, con una strutturazione normativa maggiormente adeguata alla nuova funzione nell’ambito della cooperazione allo sviluppo, CDP sia messa nelle condizioni di poter agire al meglio e in sinergia con la DGCS e l’Agenzia e di potere ricuperare il divario con le altre istituzioni finanziarie europee che stanno invece da tempo ampiamente operando nella cooperazione internazionale, quali la tedesca KfW o la francese AFD.