Mio intervento al webinar per ricordare PAOLO DIECI, nel secondo anniversario della sua morte e per il lancio del Premio a lui dedicato (Premio Paolo Dieci per il partenariato tra Osc italiane e delle Diaspore).
La mattina del 10 marzo 2019, dai cieli su Addis Abeba un Boeing 737 Max cadeva a terra. Ben 157 morti, di 33 diverse nazionalità. Tra le 8 vittime italiane c’era Paolo, presidente del Cisp e della rete di organizzazioni di cooperazione internazionale e aiuto umanitario Link 2007. Una vita dedicata allo sviluppo dei popoli, spesa in particolare tra l’Italia e l’Africa subsahariana. Paolo è stato uno dei protagonisti più lucidi e infaticabili della cooperazione internazionale per lo sviluppo.
Ricordare Paolo, soprattutto in questo 10 marzo, è sempre una sofferenza. Quasi come lo è stata due anni fa, quando ci è giunta la telefonata che l’areo su cui viaggiava era precipitato. Lo è per tutte e tutti coloro che l’hanno conosciuto.
Abbiamo sentito alcune testimonianze. Avremmo potuto ascoltarne altre decine tra coloro che hanno seguito questo momento online, perché Paolo è stato capace di apprezzare e amare, e di farsi apprezzare e amare.
Un vivo ringraziamento a tutte e tutti, rappresentanti delle istituzioni e amici in collegamento e ai media che hanno reso viva questa ricorrenza. E un forte e affettuoso abbraccio a Maria Luisa, Cecilia, Giacomo, Salamauit.
Ma all’indubbia sofferenza si affianca, in modo chiaro, la speranza. Quella che Paolo ci ha lasciato in eredità: concreta, non velleitaria ma, proprio perché concreta, aperta all’umanità.
Una speranza che ha le sue prime radici in quella frase di Paolo che abbiamo ripreso nella presentazione del Premio sul partenariato Ong-Diaspore: “Non ho la velleità di cambiare il mondo ma quella di cambiare la vita delle persone sicuramente sì”. E queste parole ci aprono al mondo, con tutti gli occhi, le mani, i corpi, i linguaggi che abbiamo incontrato e che continuiamo a incontrare. Perché è l’incontro che dà senso alla nostra vita.
E’ sempre toccante vivere queste tante espressioni di affetto, vicinanza, solidarietà e anche il comune sentimento di appartenenza ad uno stesso corpo condividendo gli stessi valori, quelli della cooperazione internazionale, della solidarietà, dei partenariati per un mondo più equo e giusto. Quando ricordiamo Paolo è il NOI che domina. Lo ricordiamo infatti come uno di noi, la migliore parte di noi, manca a tutti noi, senza alcun riferimento all’io e al voi, alle diversità, ai contrasti che sovente evidenziamo.
Vorrei quindi chiudere questo incontro riprendendo un pensiero di Paolo sul mondo delle organizzazioni della società civile di cooperazione e solidarietà internazionale: solo una comunità di organizzazioni coesa e con un vero peso rappresentativo nell’ambito della cooperazione internazionale allo sviluppo e nella società potrà far fronte al tentativo di marginalizzazione che potrebbe riguardarle in Italia, in Europa e nel mondo.
Una visione della cooperazione. Una visione dei suoi attori più convinti, le organizzazioni della società civile. Che è stata e deve continuare ad essere la nostra.