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ONG
31 Mag 2020

ONG E OSC DI COOPERAZIONE INTERNAZIONALE. IL CAMMINO VERSO UNA RAPPRESENTANZA UNITARIA RAPPRESENTATIVA DELL’INSIEME

L’appunto contiene alcune riflessioni sul mondo delle Ong e Osc di cooperazione internazionale per lo sviluppo. Partendo dai comuni percorsi dei decenni passati e dagli errori che li hanno resi più faticosi, evidenzia la necessità di costruire un cammino aggregativo unitario con una rappresentanza che esprima maggiore forza, identità collettiva, peso nella comunicazione per rendere sempre migliore ed efficace la cooperazione internazionale. Lo sguardo collettivo va indirizzato lontano, verso ampi orizzonti e nuove sfide e gli occhi delle subentranti generazioni sono fondamentali per potervi riuscire. Occorre lasciare loro lo spazio per il rinnovamento e la rigenerazione. L’analisi si allarga sulle Ong/Osc, il valore delle loro missione e azione, la loro soggettività, la loro fragile forza aggregativa, il rapporto con le istituzioni, collegandoli alla riforma legislativa del terzo settore e all’adesione al più ampio Forum nazionale del Terso Settore. Si sofferma anche su alcune incoerenze e contraddizioni che meritano di essere approfondite. Si tratta di un semplice promemoria per il mondo della società civile impegnato nella cooperazione internazionale per lo sviluppo e l’aiuto umanitario.

1. L’autorevolezza delle Ong e Osc di cooperazione internazionale

Le leggi possono riconoscere il valore e l’importanza delle Ong e Osc (organizzazioni della società civile), definirne gli ambiti di intervento e normarne i rapporti con le pubbliche amministrazioni, ma è soltanto da loro stesse che può venire la dimostrazione della loro autorevolezza, validità, efficacia, indispensabilità. Mostrando innanzitutto di essere realtà sociali strutturate con un’identità basata su valori e principi quali solidarietà, giustizia, servizio, dignità di ogni persona, promozione e difesa dei diritti umani, pari opportunità, contrasto all’esclusione, rispetto delle diversità e delle differenze culturali, sviluppo sostenibile e condiviso, dovere di trasparenza e accountability, professionalità come impegno deontologico… Finché esse riusciranno ad esprimerli nel loro lavoro aperto al mondo, anche la società italiana nel suo complesso ne trarrà beneficio.

Nel loro pluridecennale cammino sono cresciute e si sono strutturate e professionalizzate. Hanno acquisito capacità sia nei vari settori di intervento, dall’educazione alla sanità, le attività produttive, la formazione, l’innovazione e molti altri, sia nel rafforzamento del dialogo e dei partenariati che hanno permesso di approfondire la conoscenza di territori, comunità, dinamiche sociali ed economiche dei paesi, riuscendo a lavorare ‘con’ i propri partner nell’affrontare bisogni e rafforzare stabilità e pace. Hanno saputo intervenire su varie forme di povertà, talvolta estreme, vivendo la dignità dei poveri e stabilendo rapporti di umanità e solidarietà in regioni lontane, fino ‘all’ultimo miglio’ ma anche in contesti di vulnerabilità vicini in Italia, dove le povertà e le disuguaglianze si aggraveranno per gli effetti della pandemia. Non si tratta di un elenco di buone intenzioni ma del vissuto quotidiano, con successi e insuccessi, certo, ma facendo tesoro di questi ultimi per migliorare. Nei luoghi più difficili sono riuscite a garantire l’indispensabile equilibrio tra la spinta solidaristica e professionale e la valutazione del rischio, formando il personale, definendo protocolli, monitorando. Tutte, indipendentemente dalla propria dimensione, sanno che generosità, voglia di fare, professionalità devono essere esercitate in modo strutturato, organizzato, controllabile e valutabile, senza nulla perdere dei propri valori e principi. Il legislatore le ha riconosciute sin dalle prime normative degli anni ’60 sul “servizio di assistenza tecnica in Paesi in via di sviluppo”, riconfermandone il valore nei decenni, fino ad ampliarne la tipologia nella più recente “disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo” del 2014.

Pur in una sana competizione, tra le Ong/Osc impegnate nella cooperazione internazionale ci sono stati comuni cammini, con leader delle diverse aggregazioni che hanno saputo normalmente condurre l’insieme verso trasformazioni e mete condivise, appianando divergenze, rafforzando visioni e proposte che hanno prodotto vitalità e autorevolezza. Questi percorsi unitari hanno permesso negli anni recenti una proficua interlocuzione con il Parlamento sulla riforma legislativa della cooperazione, la definizione delle sue finalità e priorità, l’apertura ai molteplici attori pubblici e privati coinvolgibili, l’esigenza della coerenza delle politiche. Ci sono però stati anche errori lungo i decenni e l’insieme delle Ong/Osc ne ha scontato le conseguenze, anche nei rapporti con la cittadinanza e le istituzioni. Sono errori che possono facilmente ripetersi in singole organizzazioni e nelle reti aggregative, preceduti da avvisaglie riconoscibili. Chiusure al pensiero altrui, alla condivisione delle conoscenze ed esperienze, autoreferenzialità, ansia per l’autopromozione e la notorietà, inutili antagonismi, discutibili metodi di fundraising, importanza alla quantità più che alla qualità, eccessiva prudenza nel fare emergere e valorizzare nuovi leader sostenendoli e valorizzandoli, rapporti con la politica limitati ai ‘politici amici’, giochini di potere, sete di preminenza, rapporti istituzionali confusi e timorosi, proteste senza proposte…. Si tratta spesso solo di avvisaglie ma sono da tenere sotto osservazione perché possono trasformarsi in patologie.

Di fronte agli attacchi pubblici di questi ultimi anni, funzionali a disegni politici che niente hanno a che vedere con la cooperazione e i partenariati internazionali, le Ong/Osc devono ritrovare il valore della condivisione e dell’iniziativa comune, pur nella specificità dei valori e delle priorità di ciascuna rete aggregativa. Se la nostra ambizione è far sì che la cooperazione internazionale e la costruzione di solidi partenariati a livello globale diventino patrimonio ampiamente condiviso, è necessario che le Ong/Osc, in modo coeso e forti del proprio peso rappresentativo nell’ambito della cooperazione realizzata, riacquisiscano la giusta considerazione nella società italiana, le istituzioni, i media, la politica, esprimendo visibilmente, nella loro pluralità, il comune lavoro di rete, la propria forza e vitalità unitaria.

Non è tempo di limitate visioni. Lo sguardo va indirizzato lontano, verso ampi orizzonti e nuove sfide. Gli occhi delle subentranti generazioni possono riuscirci, meno condizionati da offuscamenti dei periodi passati. Occorre lasciare loro lo spazio per il rinnovamento, la rigenerazione. Ove non già avvenuto, sarebbe forse utile pensare al ricambio. Sono tanti gli operatori e le operatrici che sono cresciuti umanamente e professionalmente nelle Ong; hanno vissuto con persone e comunità di vari continenti, spesso con i più poveri e vulnerabili; hanno conosciuto la pluralità dei contesti sociali e politici e verificato che le storie e le culture non sono uniche come invece ci vengono schematicamente comunicate; hanno esercitato responsabilità di governance, interlocuzione politica, pianificazione e valutazione, costruito partenariati solidali. Tocca a loro, valorizzando questo bagaglio di esperienze, prendere ora il testimone dalle mani di chi, dando il meglio di sé, li ha preceduti, per assumere la responsabilità di costruire una nuova fase unitaria della vita delle Ong e Osc di cooperazione internazionale. Con sguardo lontano e respiro ampio.

2. Le Ong e Osc di cooperazione internazionale nella riforma del terzo settore

La riforma legislativa del terzo settore rappresenta una fondamentale novità perché riguarda tutti gli enti non profit della società civile: organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, enti filantropici, imprese e cooperative sociali, associazioni riconosciute o non riconosciute, reti associative, società di mutuo soccorso. Si tratta, secondo le rilevazioni dell’Istat, di un mondo di 350 mila istituzioni non profit con 845 mila dipendenti e più di 5 milioni di volontari. Esemplare è stata la capillare presenza nell’assistenza, nell’aiuto ai più bisognosi, nel sopperire a carenze dei centri sanitari e ospedalieri delle associazioni del terzo settore, in spirito di gratuità e solidarietà, durante le fasi più acute dei contagi del Covid-19.

Il nuovo Codice del terzo settore (D.Lgs. 117/2017 e decreti attuativi) riordina e rivede organicamente la disciplina in materia di Enti del terzo settore (Ets), comprendendo con questa espressione tutte le organizzazioni non profit con le caratteristiche ivi normate. Definisce principi, obiettivi, ambito di applicazione; elenca le attività che possono essere ritenute “di interesse generale per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale”; precisa le modalità di iscrizione al Registro unico nazionale del terzo settore (Runts) pubblicamente accessibile, la normativa fiscale, le specifiche disposizioni per ciascuna tipologia di ente.

Negli Ets rientrano le Ong e Osc di cooperazione internazionale per lo sviluppo e l’aiuto umanitario. Esse trovano nel Codice il pieno riconoscimento delle loro finalità e attività. Sono considerate infatti di interesse generale, “se svolte in conformità alle norme particolari che ne disciplinano l’esercizio, le attività aventi ad oggetto la cooperazione allo sviluppo, ai sensi della legge 11 agosto 2014 n. 125, e successive modificazioni” (D.Lgs. 117/207, art. 5, lettera n). Già la legge delega (L. 106/2016, art.9) aveva chiarito che la revisione della disciplina doveva far salve “le condizioni di maggior favore relative… alle organizzazioni non governative”, riconoscendo e salvaguardano quanto normato sulla loro specificità purché non in contraddizione con la nuova legislazione del terzo settore. D’altro lato, il riferimento alla legge 125/2014 presuppone anche specifici obblighi, tra i quali l’iscrizione nell’apposito elenco pubblico presso l’Aics, Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, che avviene in base a precisi parametri e criteri e dopo la verifica della competenza ed esperienza acquisita dalle singole organizzazioni. Con tale iscrizione gli Ets possono partecipare ai bandi per le iniziative della cooperazione italiana.

3. Ong e Osc di cooperazione internazionale e Forum del Terzo Settore

È con convinzione che, fin dalla sua nascita nel 1997, le organizzazioni di cooperazione internazionale e le loro reti associative hanno aderito al Forum Nazionale del Terzo Settore (FTS), considerandolo essenziale per esprimere con forza la voce e le istanze dell’ampio mondo della solidarietà sociale e della cittadinanza attiva impegnate in Italia e nel mondo per il benessere e il progresso, con particolare attenzione alle fasce più deboli e vulnerabili.

Il FTS è riconosciuto dal ministero del lavoro e delle politiche sociali come l’associazione nazionale di Enti del terzo settore maggiormente rappresentativa, in ragione del numero degli enti aderenti: 86 organizzazioni di secondo e terzo livello – per un totale di oltre 141.000 sedi territoriali – che operano negli ambiti del volontariato, dell’associazionismo, della cooperazione sociale, della solidarietà Internazionale, della finanza etica, del commercio equo e solidale. Si articola in 20 Forum regionali e numerosi Forum provinciali e locali a cui aderiscono le realtà che operano a livello territoriale. I principali compiti sono la rappresentanza sociale e politica nei confronti di governo e istituzioni, il coordinamento e sostegno alle reti inter-associative, la comunicazione di valori, progetti e istanze delle realtà organizzate del terzo settore.

Tra le organizzazioni associate ci sono due reti rappresentative dell’insieme delle Ong e Osc di cooperazione internazionale: Aoi e Link 2007; due federazioni: Focsiv e Cocis; tre Ong: Actionaid, AiBi, Legambiente (l’associazione ambientalista più diffusa in Italia). Nel Coordinamento nazionale del Forum siedono il rappresentante di Legambiente e quello di Actionaid. Quest’ultimo è anche coordinatore della Consulta “Europa, mondo e cooperazione internazionale”, le cui funzioni sono di “istruire ed elaborare proposte programmatiche e/o strategiche finalizzate alla promozione degli obiettivi del terzo settore, nell’ambito del piano di attività approvato dall’Assemblea Nazionale”.

Il Codice del terzo settore ha anche normato la nascita, con funzione prevalentemente consultiva e di vigilanza, del Consiglio nazionale del terzo settore, espressione delle associazioni e reti associative più rappresentative sul territorio nazionale oltre che delle regioni ed enti locali e di altre istituzioni pubbliche. È presieduto dal ministro del lavoro e delle politiche sociali e il FTS, associazione maggiormente rappresentativa, ha designato alcuni membri tra cui un rappresentante e un sostituto provenienti dal mondo delle Ong/Osc di cooperazione internazionale: Aoi e Actionaid. Il fatto che non siano state indicate entrambe le Reti più rappresentative, Aoi e Link 2007, ha posto interrogativi rimasti senza risposta. Nel Consiglio nazionale sono stati inoltre nominati, dall’ambito riconducibile alla cooperazione, i rappresentanti di AiBi, Forum Sad, Legambiente. Persone autorevoli ma non è dato sapere il criterio di scelta seguito.

Essendo il FTS un’associazione a cui aderiscono reti inter-associative o realtà stabilmente presenti in almeno cinque regioni italiane (nuovo statuto 2019), non tutte le realtà operanti nel terzo settore vi fanno parte. Fermi restando i soci esistenti, non possono associarsi le singole realtà territoriali, che potranno aderire ai Forum regionali. Si tratta di un forte invito all’aggregazione ed alla condivisione, elaborazione, azione e proposta comune. Nel rappresentare le realtà associate, il FTS nulla toglie alla loro soggettività e iniziativa negli specifici ambiti di azione ma ne valorizza gli spazi di autonomia e rappresentanza.  Le iniziative degli enti operanti in uno specifico settore, il loro coordinamento, la loro rappresentanza nei confronti del governo e delle istituzioni rimangono competenze, funzioni, doveri e compiti delle realtà organizzate in quel dato settore di attività. D’altro canto, esse traggono maggiore forza e beneficio dall’adesione al FTS grazie alla sua ampia rappresentatività sociale e politica generale nei confronti del governo e delle istituzioni, alla forza comunicativa collettiva, alle sue funzioni di coordinamento e di sostegno.

L’ANCC, che associa le cooperative di consumatori, le rappresenta in toto nel confronto con le istituzioni. L’AICS, associazione italiana cultura e sport, ottimizza la funzione sociale dello sport e della cultura e stimola in tal senso le istituzioni. Il CNCA che federa le realtà che operano sul disagio e l’emarginazione interloquisce con le istituzioni sui diritti di cittadinanza e le politiche sociali e di welfare. Le MISERICORDIE, che esistono da ben 8 secoli, sono un fondamentale riferimento sociale e politico nell’ambito dei servizi socio-sanitari. La FISH, che federa le associazioni impegnate nell’inclusione sociale delle persone con disabilità, formula autorevolmente proposte alle istituzioni. Nei propri ambiti di attività e settori di intervento, nessuna rete cede i propri spazi di autonomia e rappresentanza al FTS, salvo i casi in cui siano esse stesse a richiederlo per particolari necessità. Né il FTS l’ha mai ipotizzato in tutta la sua storia.

Lo stesso discorso vale per le reti rappresentative delle Ong/Osc. Esse continuano a impegnarsi al funzionamento del Forum e partecipano alla definizione degli orientamenti, alle iniziative comuni, alle campagne di comunicazione e pressione politica apportando le loro capacità e specificità. Ma nel proprio spazio di competenza mantengono pienamente le loro soggettività, responsabilità e rappresentatività. Sembra importante ribadirlo date alcune incertezze 1) a livello di Ong/Osc, 2) a livello del Maeci e dell’Agenzia per la cooperazione allo sviluppo (Aics), 3) in alcuni organi dello stesso FTS.

i) A livello di Ong/Osc. Alcune realtà associative delle Ong/Osc sembrano sentirsi più rassicurate da una specie di permanente ‘bollinatura’ da parte del FTS. È difficile comprendere le ragioni, se non legate a piccoli indecifrabili giochi, ma è una tendenza che dovrebbe preoccupare perché sta lentamente facendo perdere soggettività e autorevolezza alle stesse rappresentanze che le organizzazioni si sono date. C’è da sperare che tutto rientri nella normalità, con la fine di simili eccessi interpretativi della riforma che, oltre a creare confusione e dilatare inutilmente i tempi, riducono gli spazi di autonomia il valore della propria soggettività e il riconoscimento della propria autorevolezza nelle reti associative delle Ong/Osc,

ii) A livello di Maeci/Agenzia. Anche il Maeci e l’Aics nell’interlocuzione istituzionale con i “soggetti della cooperazione” chiaramente definiti all’art. 23 della legge 125/2014 hanno inserito altre presenze ad libitum anche su argomenti propri di tali soggetti. Si tratta in particolare di un confuso inserimento della rappresentanza del FTS, nella riproduzione dell’errata interpretazione di cui sopra. (In tal senso è significativo segnalare anche l’inserimento di alcuni membri del Consiglio nazionale per la cooperazione allo sviluppo (Cncs). Tale Consiglio è convocato “almeno annualmente” dal ministro/viceministro per esprimere pareri “sulla coerenza delle scelte politiche, le strategie, le linee di indirizzo, la programmazione, le forme di intervento, la loro efficacia e valutazione” ma l’ultima convocazione è del febbraio 2018 con gli allora ministro Alfano e viceministro Giro. La grave inadempienza non può essere sostituita da queste singolari forme consultive su tematiche che non corrispondono al mandato ricevuto. Né può essere sminuita l’interlocuzione istituzionale con i soggetti della cooperazione chiaramente definiti dalla legge. È forse bene richiamare l’articolo 54 della Costituzione: “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore”, partendo dagli adempimenti a cui sono chiamati.

iii) A livello di FTS. Alcuni ambiti di attività del Forum, ed in particolare la consulta “Europa, mondo e cooperazione internazionale”, hanno favorito la sovrapposizione sopra esplicitata, quasi duplicando il lavoro, la riflessione, la comunicazione e sembrando volersi sostituire alle rappresentanze delle Ong/Osc o affiancarle, come tutor non richiesto, nel rapporto con le istituzioni in materia di cooperazione internazionale per lo sviluppo. Una funzione interna finalizzata al coinvolgimento dei soci nella “promozione degli obiettivi del terzo settore, nell’ambito del piano di attività approvato” per definire comuni strategie dell’insieme del FTS ha teso in parte a trasformarsi in una funzione sostitutiva degli stessi soci.

Il Codice del terzo settore riconosce (art. 41) la piena dignità giuridica alle reti associative di Ets che corrispondano ai criteri normati, riservando loro una speciale disciplina. La missione ad esse affidata è di coordinare, tutelare, rappresentare e sostenere gli enti associati, “anche allo scopo di accrescerne la rappresentatività presso i soggetti istituzionali” e di coadiuvare il Consiglio nazionale del terzo settore nell’attività di monitoraggio, tutela, vigilanza, partecipandovi con otto rappresentanti. Le reti associative di Ets esercitano quindi funzioni di monitoraggio e di controllo dell’attività degli associati, hanno accesso alle risorse del fondo per il finanziamento di progetti e attività di interesse generale, stabiliscono intese con la pubblica amministrazione così come con soggetti privati.

Si tratta di un importante spazio di azione che sta suscitando interesse per gli effetti positivi che possono derivare sul riconoscimento e il rafforzamento dell’azione degli Ets ai livelli nazionale e regionale. Anche le Ong/Osc troveranno la loro collocazione nelle nuove reti associative. L’importante è che sia evitata la corsa alla conquista e spartizione di spazi di ‘potere’ – come spesso capita in Italia e talvolta anche nel terzo settore e nel mondo delle Ong/Osc e come qualche segnale lascia percepire – che inquinerebbe sul nascere un’esperienza di rete pensata per sostenere e rafforzare maggiormente quanto di positivo il terzo settore può esprimere a servizio delle comunità e per il benessere della nazione.

In conclusione

Solo grazie ai propri valori e principi coerentemente vissuti, alla propria indipendenza e autonomia, alla forza della loro storia e delle loro presenza nel mondo fatta di dialogo e ascolto, rispetto e condivisione, radicamento e predisposizione a costruire partenariati e valorizzare i partner, le Ong e Osc di cooperazione internazionale con le loro rappresentanze, sapranno affrontare i grandi cambiamenti a cui devono far fronte a livello globale e nelle nostra società. Per questo occorrono leader ricchi di esperienza vissuta ‘sul terreno’ nei Sud del mondo e capaci di guardare lontano, capire i tempi nuovi, senza pregiudizi e senza timori, con ampi orizzonti, aperti al dialogo e all’ascolto, tesi a coinvolgere e unire.

(Articolo in “Vita Non Profit)

 

Nino Sergi

Nino (Antonio Giuseppe) SERGI. Presidente emerito di Intersos, che ha fondato nel 1992 e di cui è stato segretario generale e presidente. In precedenza, dal 1983 fondatore e direttore dell’Iscos-Cisl, istituto sindacale per la cooperazione allo sviluppo. Nel 1979 direttore del Cesil, centro solidarietà internazionale lavoratori, fondato con le comunità di immigrati a Milano. Operaio e sindacalista. Tra gli anni '60 e '70 formatore in Ciad. Studi di filosofia in Italia e di teologia in Francia.
Onorificenze: Commendatore, Ordine al merito della Repubblica Italiana (27 Dicembre 2022).
(Gli articoli di questo blog esprimono sia posizioni personali che collettive istituzionali i cui testi ho scritto o ho contribuito a scrivere. Possono essere liberamente ripresi)